venerdì 1 dicembre 2017

SENTIERO BOVE IN GIORNATA



28 ottobre, 10ore e 21min di luce tra alba e tramonto. Sentiero Bove in giornata.
Alle 5.35 siamo a Cicogna, 5.40 si parte, 2 frontali (una per la mattina e una che spero di non dover usare per la sera), 4lt di acqua e un bel pò di cibi energetici nello zaino. Io, Simone e Gigi (che lo ha già fatto "alla goccia" da solo a fine settembre). Gigi lo conosce bene e grazie a lui non avremo esitazione su dove passare, questo ci aiuterà tantissimo a risparmiare tempo prezioso con le poche ore di luce a disposizione.
Si parte subito ad un ritmo molto elevato da freddi, nel bosco cinghiali e capre si allontanano veloci dalle nostre luci e dai nostri respiri, respiri profondi, non si parla, silenzio e menare. Alpe Prà in 35', beviamo dalla fontana, sarà l'ultima sorgente d'acqua che troveremo per le prossime 12 ore, bevo più che altro per non pensare di aver sprecato questa occasione più che per vera sete.


Via ancora a testa bassa, anche perché conosco solo questo tipo di ritmo... e i miei soci anche. Saliamo guidati alla grande dal buon Gigi. Usciamo dal bosco, colma di Belmello con una timida luce rosso arancione là in fondo sulla pianura, ma da noi ancora buio pesto. Il sentiero lascia posto alle rocce della Cima Sasso.





In 1ora e 40 siamo in vetta. ci copriamo, Simo ha già raggiunto la temperatura "caldaia a vapore", mangiamo qualcosa, qualche foto all'alba e via, nei primi chiarori ci buttiamo sulla Corona di Ghina, tratto molto esposto. Gigi si muove sicuro, traccia la linea e noi dietro ci muoviamo cercando di copiarlo, anche se la sua sicurezza è notevole sui passaggi più delicati e rischiosi. La cresta è di una bellezza unica, toglie il fiato, sembra di muoversi in un paesaggio di cartapesta talmente è assurdo quel posto. La cresta rocciosa scorre lenta, si misurano i passi e gli appoggi, il vuoto ai lati è affascinate ma allo stesso tempo spaventoso.



Siamo su di un breve tratto di arrampicata, il passaggio dove ha trovato la morte una ragazza una decina di anni fa, continuiamo veloci su passaggi tecnici, i prati di Ghina si rivelano sempre ostici per capire la linea, anche per Gigi. Stiamo alti con un pò di difficoltà, di taglio su prati ripidissimi ed erba gialla e secca, molto scivolosa, passiamo dove poco prima un camoscio ci osservava dubbioso, ora è lontano e solo in questi posti si può capire le abilità che questi animali hanno nel muoversi. Poco dopo ribecchiamo il sentiero alla fine dei prati.
Su e giù alle Strette del Casè e dopo 3 ore siamo alla Bocchetta di Campo.




Prima pausa vera, mangiamo e beviamo, ci sediamo 5min anche meno, Gigi vuol stare "in tabella" e magari abbassare il tempo che ha fatto in solitaria a settembre. Il ritmo è sempre alto ma mi accorgo che forse lo è un pò troppo quando in vista dell'Alpe Scaredi su di un sentiero agevole e non più esposto cominciamo a correre... cazzo... non me lo aspettavo, mi defilo una 20ina di metri ma li tengo, si va via a meno di 6' al km. Passiamo sotto la Laurasca e poi su al Marsice, incontriamo degli altri escursionisti e gli passiamo accanto con un passo che fa a pugni con il loro incedere lento. Mi sento addosso sguardi critici, quelli del "non si va in montagna con il cronometro", che per un certo verso è condivisibile, ma noi davvero non abbiamo molto tempo e personalmente non voglio finire il Bove al buio, sulla discesa di Curgei, con le foglie... NO! quindi andiamo!



Gigi preannuncia una pausa pranzo sul Torrione, comincio ad essere stanco e a guardar la cresta che si dipana alla mia destra mi vien male... siamo a metà, c'è ancora molto e il profilo è una seghettatura infinita di rocce aguzze. Torrione e 5 min di pausa, forse poco di più... l'acqua sta finendo ma il fratello di Gigi ci raggiungerà allo Zeda con una scorta di liquidi, quindi do quasi fondo alla mia riserva. Ci si cala dal Torrione, è il passaggio più brutto e più caratteristico, un camino di roccia verticale aspro e grigio, Gigi è sul fondo, piccolo piccolo che scatta qualche foto, Simo sopra di me. Una volta giù ci giriamo velocemente ad osservare dove siamo passati facendo fatica a capire o a pensare possibile un passaggio in quei punti.




Da sotto sembra una parete inospitale, selvaggia e non percorribile da persone senza un imbrago o capacita minime di arrampicata. Quasi 6 ore e siamo fuori dal Torrione, pronti per perderci sui Crusit, il sentiero in costa sul solito pratone ripidissimo si perde e decidiamo di seguire la cresta, erroneamente. Saliamo troppo e ci troviamo su delle rocce verticali una 30ina di mt sopra ai bolli del sentiero, ci caliamo e con un pò di difficoltà riprendiamo la linea giusta. Cotto, sono cotto, lo Zeda è vicino ma tra noi e lui la linea di cresta è uno labirinto sospeso di roccia, si procede lenti, su e giù: arrampica, disarrampica, arrampica, disarrampica... passiamo la Piota, sono il più stanco dei tre, Gigi tiene alla grande, Simo anche, solo un pò di male alle ginocchia. Io no, tra la Piota e lo Zeda sui passaggi più esposti ho delle vertigini dovute alla stanchezza, non guardo giù ma neanche alzo lo sguardo, mi concentro sui punti dove appoggiare i piedi e gli appigli per le mani,  nient'altro, mi chiudo in una bolla su quei 50 cm davanti a me.



Arrivo ai camini della nord dello  Zeda stanchissimo ma sollevato, saliamo e in vetta ci troviamo con il fratello di Gigi: acqua, thè caldo e birra; bevo tutte e tre in ordine sparso e più volte, mangio tanto e osservo dove si trova Cicogna. Ancora lontana ma da qui la conosco bene e di salita non ce n'è praticamente più. Zeda/Marona di corsa in molti punti, mi son ripreso e tengo il passo di Gigi. Giù dalla Marona con ancora un pò di crisi per la discesa infinita e ripida su roccia, quadricipiti a pezzi. Usciamo di corsa dalla Forcola al Piancavallone, a differenza di prima questi posti mi rassicurano, mi sento a casa, raschio sul fondo nuove energie. Sempre di corsa arriviamo a Curgei, 10 ore circa con il sole che scende lento, noi rivolti verso di lui e una luce arancione in faccia, ormai è certo che la frontale non la useremo. Iniziamo a scendere su pendenze da pista da sci con tantissime foglie di faggio, secche e scivolose, procediamo lenti, Simo bestemmia, ha male alle ginocchia già dallo Zeda, questa parte sarà per lui un supplizio. Dei pezzi li fa con il sedere a terra. La valle precipita verticale sotto di noi nell'ombra del pomeriggio invernale, il fiume non si sente e non si vede, e la quota del mio garmin sembra bloccata, nonostante sia ripidissimo si scende a rilento.



Il Ponte della Buia è ovviamente avvolto dall'ombra serale e terminare quella discesa maledetta mi da nuove energie.  Aspettiamo Simo e poi su per gli ultimi 25min. Come in tutte queste sfacchinate tremende, verso la fine, il mio momento di crisi viene soppiantato da un risveglio energetico improvviso, mi butto sulla ripida mulattiera per Cicogna menando un buon passo e con Gigi ci corriamo anche l'ultimo tratto in salita su asfalto dal tornate al parcheggio della "capitale della Val Grande".
Ci si scambia il 5 e ci si congratula a vicenda, 11ore e 22, 33km,  3300mt di dislivello. Messaggio ad Ambra per confermare il nostro ritorno alla macchina.



Il bicchiere della Menabrea da 66 è il giusto ornamento alla tovaglia di plastica appiccicosa del Circolo, è sabato pomeriggio, sta diventando buio, le gambe sono distrutte e i piedi anche, vestiti umidi addosso, ho freddo ma bevo birra fredda, mi pervade una bella sensazione: il Bove l'abbiamo "portato a casa", è un'Alta Via bellissima quanto durissima e noi ce l'abbiamo fatta in un sol giorno, prima del buio imminente. Il merito va a Gigi che ci ha guidati sapientemente, senza di lui farla in un giorno al "battesimo del Bove" sarebbe stato impossibile. Siamo stati dei buoni "esecutori". Siamo tutti e tre molto soddisfatti anche se, seduti al tavolo, ci diciamo poco e niente. Il circolo brulica di Merenderos insopportabili che pensano di essere Simone Moro solo perchè han messo piede a Cicogna, uno si è portato una quaglia nello zaino per grigliarla domani a Velina... una quaglia...  un'altra coppia parla del sentiero Pogallo/Cicogna appena percorso come se avesse concluso l'ascesa al Nanga Parbat. Li osservo e sorrido, sembra il circo, questa gente mi irrita profondamente, "la moda" li spinge sempre di più in montagna alla ricerca di "avventura" e di "wilderness" purché sia vicino alla macchina e non troppo faticoso, insomma... il tanto che basta per poi tornare tra le luci e il cemento e raccontare davanti allo spritz o in ufficio nella pausa caffè del lunedì, di aver sfidato e domato la Val Grande. Chiassosi, iperattrezzati, profumati e dall'abbigliamento impeccabile che fanno il giusto contraltare a noi tre, puzzolenti, silenziosi, sfiniti e senza quaglie nello zaino. Sono intollerante, lo so....
Spettatori neutri, di questi due modi antitetici di vivere la montagna, sono un gruppo coeso di anziani che attende l'ora di cena giocando a scopa, sembrano lontani da quello che gli succede attorno, le loro facce scavate assomigliano alle creste ruvide e aspre che abbiamo appena percorso, e come quelle cime sembrano impassibili, indifferenti e superiori a noi tre, ai forestieri, alle quaglie, a tutto. Sembra che il tempo trascorrendo lento li abbia resi duri ed impermeabili come la roccia delle loro montagne... sembra, o forse stanno solo pensando intensamente alla primiera e 7 bello.





2 commenti:

  1. Bravi ragazzi... Solo a leggere mi sembrava di essere li con voi��������

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